Dall’archivio.
Nel 2013, durante la nostra esperienza in Giappone, abitavamo in una casa di legno, sottile ed alta tre piani che era tenuta da due palazzi ai lati.
Nel primo piano c’era una sala da tè in stile classico, come vuole la tradizione con tatami e il caratteristico buco quadrato nel mezzo in cui la teiera dell’acqua viene riscaldata. Al secondo piano la cucina, della larghezza delle scale, e la sala. Al piano successivo le camere da letto e sopra ancora il bagno.
Siamo stati in questa casa per quindici giorni circa e ripensandoci, abbiamo un’infinità di bellissimi ricordi legati a questo posto.
Primo fra tutti la mobilità dell’edificio, lo scricchiolio ad ogni passo del pavimento che si piegava sotto il nostro peso, la porticina di casa sottile e precaria, che sarebbe stata aperta da un soffio di vento troppo forte, il tremolio di tutte le pareti ad ogni passaggio di metropolitana o scossa di terremoto.
Per non parlare dell’acqua che dalla vasca da bagno scendeva diretta dentro l’armadio del piano di sotto e di quella che dal lavandino della cucina defluiva sotto la moquette sotto i nostri piedi.
Ma ci passeremmo ancora degli anni se potessimo, ci manca tanto.
La nostra cara amica che ce la consigliò per la posizione stupenda, Sumida è il qurtiere dello Sky Tree, e per il costo assurdamente basso, era la persona che crebbe in quella casa e nel quartiere.
Una mattina ci consigliò un posticino speciale per fare colazione, un buon caffè, assolutamente NON espresso, e dei pancake guarniti con salse o creme a scelta, fatti a mano da un vecchino ultra ottantenne e serviti con amore dalla sua figlia.
Tomi è un kissaten, un tuffo nel passato, panche e tavoli scuri, pareti ricoperti da carta da parati e foto invecchiate dei cibi serviti dal locale, evidentemente sempre gli stessi da decenni e sempre buonissimi, un bancone dietro al quale il signore lavora alacremente, cucina e prepara le miscele provenienti da ogni parte del mondo con i suoi alambicchi e piastre. La clientela totalmente locale, nessuna lingua a perte il giapponese si sente parlare, persone che scelgono di passare qui la loro pausa dal mondo, coccolati dalla signora in grembiule che sorride con sguardo buono e amorevole.
Ci sedemmo affacciati ad una delle due vetrine che fanno angolo in un incrocio di piccole strade di quartiere, due chiacchere e la gente che passa non ci vede, come fossimo dietro ad un velo invisibile. I profumi dei pancake, gli sbuffi del caffè, il parlottio sommesso e rispettoso dei clienti. Ordinammo caffè brasiliano, due pancake a testa con due palline di gelato panna e cioccolato, tutti da spalmare o versare a piacimento. Ricordo ancora il bricco microscopico che conteneva il latte e quello con il cioccolato fuso. Buonissimi!
Passammo del tempo innamorandoci perdutamente di questo posto, tanto che ogni viaggio, cascasse il mondo, torniamo a trovare i nostri, ormai, amici che ci accolgono con affetto.
Tomi, il nome del locale, è anche quello del gatto che gira sempre lì attorno. Tomi ormai non c’è più, da pochi anni, ma i nostri cari ci sono sempre.
Non mettiamo il link alla mappa perchè vogliamo tenercelo tutto per noi!! 😀